Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata.
Tutti a tergiversare per individuare la mossa giusta, mentre questi farabutti colpiscono nel modo più vigliacco.
Colpiscono nella cosa più cara a noi: la nostra libertà. Proprio nella patria della Rivoluzione francese che della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità ne ha fatto un simbolo e il cui effetto propulsivo nella civiltà occidentale non ha esaurito il suo effetto.
La Francia, per inciso, è anche la patria di Voltaire e del suo "Trattato sulla tolleranza".
E così in nome di questi principi noi ci arrabattiamo a formulare il pensiero politicamente corretto, quello meno offensivo delle loro sensibilità religiose. Nel frattempo loro ci attaccano nella nostra quotidianità: a ristorante, a teatro, al cinema, allo stadio, mentre siamo al lavoro o siamo in transito nella stazione di Madrid. A quanti 11 settembre, 11 marzo e 13 novembre dobbiamo ancora assistere?
Abbiamo quasi paura ad esternare la rabbia, soffochiamo il nostro vero sentimento in nome di un buonismo o, forse, di un chissà quale altro motivo che ci autorizza a pensare quale civiltà superiore che in qualche modo deve indicare la strada di civiltà.
Dobbiamo essere per forza allineati con il pensiero dominante, con il kharma al quale tutti dobbiamo obbedire: l'integrazione. Mi chiedo poi perché devo integrarmi con qualcuno che non vuole integrarsi con la mia civiltà?
Ma il vero problema è che non ci rassegniamo all'idea di essere in guerra, così diamo il via alle più disparate analisi socio-politiche, a quelle storiche (le crociate non possono mai mancare, ovviamente nessuno dice che due secoli prima l'Europa era stata invasa dai saraceni) e poi a quelle economiche (non le commento nemmeno), che cercheranno ad ogni modo di individuare le responsabilità dell'occidente.
Attendo a minuti i primi complottisti che hanno individuato qualche agente segreto francese al teatro o allo stadio.
Mi spiace ma io non capisco, io al gioco di questo "autocolpevolismo" non mi iscrivo: siamo in guerra e dobbiamo prenderne atto. E questa stavolta non era la nostra guerra. Non isoliamo, piuttosto, chi ha il coraggio di denunciarlo (Houellebecq, Fallaci etc).
Qui si ferma la mia piccola invettiva, resto attonito nel leggere alcuni post nei social. Ma a pensarci bene, dopo aver sentito in questi anni certi commenti sui media l'eco scimmiottato nei social è automatico
Prima che sia troppo tardi, speriamo che ci sia la fermezza e la risposta giusta tra chi ha responsabilità di governo, perché stavolta i barbari potranno essere sconfitti solo se saremo compatti e tempestivi.
Dobbiamo essere per forza allineati con il pensiero dominante, con il kharma al quale tutti dobbiamo obbedire: l'integrazione. Mi chiedo poi perché devo integrarmi con qualcuno che non vuole integrarsi con la mia civiltà?
Ma il vero problema è che non ci rassegniamo all'idea di essere in guerra, così diamo il via alle più disparate analisi socio-politiche, a quelle storiche (le crociate non possono mai mancare, ovviamente nessuno dice che due secoli prima l'Europa era stata invasa dai saraceni) e poi a quelle economiche (non le commento nemmeno), che cercheranno ad ogni modo di individuare le responsabilità dell'occidente.
Attendo a minuti i primi complottisti che hanno individuato qualche agente segreto francese al teatro o allo stadio.
Mi spiace ma io non capisco, io al gioco di questo "autocolpevolismo" non mi iscrivo: siamo in guerra e dobbiamo prenderne atto. E questa stavolta non era la nostra guerra. Non isoliamo, piuttosto, chi ha il coraggio di denunciarlo (Houellebecq, Fallaci etc).
Qui si ferma la mia piccola invettiva, resto attonito nel leggere alcuni post nei social. Ma a pensarci bene, dopo aver sentito in questi anni certi commenti sui media l'eco scimmiottato nei social è automatico
Prima che sia troppo tardi, speriamo che ci sia la fermezza e la risposta giusta tra chi ha responsabilità di governo, perché stavolta i barbari potranno essere sconfitti solo se saremo compatti e tempestivi.
Il finale lascia giustamento aperto, rinviandolo a chi di dovere, il problema di cosa concretamente fare. Personalmente sono pronto a fare la mia parte non a mezzo tweet ma imbracciando un fucile, se dovesse servire. Vorrei però che non mi si chiedesse di sparare nel mucchio.
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